Nel museo è esposta la collezione permanente di arte moderna e contemporanea del Comune di Pistoia che, costituita da fondi civici originari, acquisizioni e donazioni, consente un itinerario attraverso il panorama artistico dagli anni Venti del Novecento ai giorni nostri, dando conto di una trama complessa arricchita dalla dimensione ‘provinciale’ e al contempo stimolata dalle tendenze nazionali e internazionali.
In continuità con le raccolte d’arte antica del Museo Civico in Palazzo Comunale, con un doppio sguardo all’arte locale e a quella regionale e nazionale, sono così riuniti in uno stesso edificio i percorsi dedicati alla modernità e alla contemporaneità, dai quali rinviare ai molti, possibili itinerari di visita a sedi museali, monografiche e non, nella città e nel territorio: dal Centro di Documentazione Giovanni Michelucci, collocato nel mezzanino del Palazzo Comunale come sezione specializzata del Museo Civico, alla Casa-studio Fernando Melani, dalla collezione di Palazzo De’ Rossi al Museo Marino Marini, dalla raccolta Andrea Lippi del Liceo Artistico Petrocchi alla Casa-museo Sigfrido Bartolini, dalla Fondazione Jorio Vivarelli a Villa di Celle. Senza dimenticare, infine, che alcuni degli artisti presenti nella collezione permanente di Palazzo Fabroni sono anche gli autori di opere pubbliche, collocate in spazi e luoghi della città, allo scopo di arricchire il contesto urbano di nuovi significati e nuovi simboli.
Le sale al pianoterra
Il percorso museale all’interno di Palazzo Fabroni, ordinato cronologicamente e per nuclei omogenei di opere, inizia dalle sale del pianoterra dove, oltre agli spazi riservati all’accoglienza del pubblico (video-installazione informativa sulla storia dell’edificio e delle sue collezioni fino al nuovo giardino, allo scopo di contestualizzarne la presenza nell’ambito cittadino e della rete museale civica; biglietteria con guardaroba e bookshop), è collocata la sezione novecentesca. Vi sono rappresentati:
– la ‘scuola’ pistoiese attiva nel periodo tra le due guerre, con una generazione di artisti nati nel primo decennio del secolo (Pietro Bugiani, Alfiero Cappellini, Francesco Chiappelli, Giulio Innocenti, Umberto Mariotti, Corrado Zanzotto e altri), che declinarono in modo originale il linguaggio figurativo del Novecentismo, all’interno di una comune adesione ai principi della figuratività quieta, della misura e dell’intimità creativa, ed opere in gran parte acquisite in prossimità della Prima Mostra Provinciale d’Arte del 1928 con l’intento di costituire una pubblica galleria d’arte moderna e successivamente esposte, dal 1980 al 2019, nel mezzanino del Palazzo Comunale;
– la cosiddetta ‘generazione di mezzo’ segnata dal contrasto tra figurativo e informale, cioè il gruppo degli artisti pistoiesi (Aldo Frosini, Valerio Gelli, Remo Gordigiani, Jorio Vivarelli e altri), nati dopo la prima guerra mondiale e attivi nel secondo dopoguerra, spesso allievi di personalità del nucleo ‘storico’, che avevano trovato nella locale Scuola d’Arte, avviata nel 1920 da Fabio Casanova, un motivo di consolidamento e continuità didattica;
– presenze di assoluto rilievo quali quelle dello scultore Marino Marini (1901-1980) e della sorella gemella Egle (1901-1983), pittrice e poetessa, e degli artisti del gruppo denominato “Scuola di Pistoia” nel clima Pop degli anni Sessanta del secolo scorso.
Le sale monografiche
Proseguendo il percorso, in cima allo scalone di accesso al primo piano, gli elementi materia/colore/proporzione/forma dell’opera (1998) di Diego Esposito sottolineano l’apertura ovvero il “passaggio” tra un ambiente e l’altro dell’edificio settecentesco. Quindi, intorno al grande salone centrale a doppio volume, individuato come luogo privilegiato per la riflessione sull’arte anche grazie alla presenza, sulle pareti, dell’imponente Scultura d’ombra di Claudio Parmiggiani (al quale si deve anche l’installazione dedicata a Giovanni Pisano nel vano interno di una delle finestre dirimpetto alla pieve di Sant’Andrea), il percorso continua con le sale monografiche che ospitano le opere di Mario Nigro (1917-1992), Gualtiero Nativi (1921-1999) e Agenore Fabbri (1911-1998). Pistoiesi di nascita, si tratta di artisti che svolsero la maggior parte della loro attività fuor di Toscana percorrendo, a livello nazionale, la strada dell’Astrattismo e dell’Informale. Interamente dedicata al pistoiese Fernando Melani (1907-1985) è la sala in cui sono collocate opere di dimensioni maggiori e particolari ‘progetti’ non ubicati nella casa-studio di Corso Gramsci, mentre un particolare approfondimento documentario è riservato proprio all’abitazione dove l’artista visse e operò a partire dal secondo dopoguerra occupandone progressivamente tutti gli ambienti, in un’azione di totale interazione con lo spazio e le opere in esso contenute.
Le sale collettive
Si prosegue poi con le sale collettive che ospitano le opere donate al Comune di Pistoia da molti degli artisti intervenuti dal 1990 a Palazzo Fabroni con mostre personali o tematiche, dando luogo ad un significativo percorso che attraversa l’Arte Povera, il Concettuale, la Minimal Art, la Poesia visiva e così via, con un totale rinnovamento del linguaggio e dei materiali artistici. Alla sala che riunisce le immagini con cui il fotografo Mario Carnicelli documentò la partecipazione alle esequie di Palmiro Togliatti nell’agosto del 1964, segue quella dedicata a due sperimentatori di nuovi modi di esercitare e partecipare la musica come Daniele Lombardi e Giuseppe Chiari.
Degli undici ritratti fotografici di artisti donati nel 2011 da Aurelio Amendola, alcuni (Barni, Buscioni, Fabbri, Parmiggiani, Ruffi) sono disposti per dialogare direttamente con le opere che di quegli stessi artisti sono presenti nella raccolta, sia al pianoterra che al primo piano; agli altri (Burri, Castellani, De Chirico, Kounellis, Marini, Warhol) è dedicata la sala successiva, sulla cui parete di fondo sono collocate le ritmiche estroflessioni su tela di Enrico Castellani, uno dei protagonisti dagli anni Sessanta del rinnovamento dell’arte italiana.
Ai lavori di due maestri dell’Arte Povera come Jannis Kounellis e Luciano Fabro si affianca la lingua inconfondibile, paradossale e sarcastica, di Renato Ranaldi; mentre con l’opera Faccia di gomma Alfredo Pirri partecipò alla mostra collettiva Oltreluogo (1995) insieme ad altri cinque artisti – Bizhan Bassiri, Alberto Garutti, Vittorio Messina, Nunzio, Marco Tirelli – della generazione formatasi entro gli anni Ottanta del Novecento.
Il percorso museale si conclude con la sala che riunisce le opere, fotografiche e non, di Giovanni Frangi, Marco Delogu, Gerardo Paoletti e George Tatge, intervenuti a Palazzo Fabroni con mostre personali fra il 2017 e il 2019, e con l’installazione ‘site specific’ Underground n° 02, pensata ‘ad hoc’ da Federico Gori per lo spazio a lui riservato all’interno del museo.
Video Federico Gori | Come afferrare il vento
Le sale del secondo piano sono destinate alle mostre temporanee.
Sul retro del palazzo, oltre l’ampio loggiato, lo spazio esterno è stato completamente riconfigurato nel biennio 2019-2020 come un ‘giardino d’autore’ contemporaneo, su progetto degli architetti Alessio Gai e Michele Fiesoli e dell’ingegnere Maria Chiara Mannelli, cui hanno collaborato l’artista Federico Gori e gli ingegneri Riccardo Caramelli e Lorenzo Barbieri.
Installazioni cittadine
Alcuni degli artisti presenti nella collezione permanente di Palazzo Fabroni sono anche gli autori di opere pubbliche, collocate in spazi e luoghi della città allo scopo di arricchire il contesto urbano di nuovi significati e nuovi simboli.
Di Agenore Fabbri è la scultura in bronzo e acciaio Condizione Umana (1981) nella rotonda di via dell’Annona. Il gruppo bronzeo Giro del Sole (1996) di Roberto Barni è collocato in piazzetta dell’Ortaggio, accanto a piazza della Sala. Umberto Buscioni è l’artefice delle vetrate della chiesa di San Paolo, ciclo intrapreso fra il 1989 e il 1991 e compiuto nel 2017, e dei due grandi timpani istoriati per l’atelier dell’Areabambini Blu (2002). A Gianni Ruffi si devono La luna nel pozzo (1999) in piazza Giovanni XXIII, la gigantesca panchina in cemento Lunatica (2005) per il giardino del Padiglione di Emodialisi dell’ex Ospedale del Ceppo, la ‘clessidra’ in acciaio corten Per fermare il tempo (2008-2009) nella rotonda di viale Italia, le installazioni artistiche per il Giardino Volante (2015) di Villa Capecchi. L’opera Axis Mundi di Renato Ranaldi è collocata dal 2017 nella grande nicchia delle mura urbane all’altezza dell’intersezione di via Fonda con via Zamenhof.