Lo Spedale del Ceppo e la decorazione ceramica del loggiato esterno
Dopo aver illustrato le vicende storiche e architettoniche dell’antico ospedale, tramite strumenti multimediali innovativi, il percorso museale riserva una specifica sezione di approfondimento all’intera decorazione ceramica del loggiato, commissionata dal monaco certosino Leonardo Buonafede, che fu spedalingo del Ceppo dal 1501. Uomo colto e appassionato di terracotta invetriata policroma, si rivolse alle due botteghe fiorentine che dominavano questa tecnica: i Della Robbia e i Buglioni.
Nel 1511 Benedetto Buglioni realizzò la lunetta con l’Incoronazione della Vergine, posta sopra il portale di accesso dell’antica corsia degli uomini, e nel 1515 lo Stemma del Ceppo ora collocato sul fianco destro del loggiato. Nel 1525 Giovanni Della Robbia ebbe l’incarico di realizzare i tondi e i mezzi tondi tra gli archi, con stemmi e scene della vita di Maria. L’impegno maggiore, cioè quello di raffigurare le Sette Opere di Misericordia nel fregio che si snoda al di sopra del loggiato, fu invece affidato a Santi Buglioni, che vi lavorò tra il 1526 e il 1528, realizzando una delle opere più note ed emblematiche della città, vero e proprio capolavoro della scultura rinascimentale. L’ultima scena, Dar da bere agli assetati, si deve al pittore pistoiese Filippo di Lorenzo Paladini che la eseguì, a distanza di oltre cinquanta anni dalle altre, tra il 1583 e il 1586. Le Sette Opere di Misericordia si ispirano al ‘Discorso della Montagna’ (Matteo V, 7-8) da cui sono tratte le frasi poste tra eleganti paraste, che fanno da cornice alle due Arpie angolari. Completano il programma iconografico le raffigurazioni di cinque Virtù. Il soggetto scelto offrì a Leonardo Buonafede, che si fece ritrarre in ciascuna scena, l’occasione di mostrare le attività misericordiose che lo Spedale svolgeva al servizio della città.
Altri approfondimenti di questa sezione del museo sono dedicati alla complessa tecnica della terracotta invetriata, alle famiglie dei Della Robbia e dei Buglioni, alle altre sculture robbiane diffuse in città e nel territorio pistoiese, e al più recente restauro del fregio, conclusosi nel 2015, momento privilegiato per la conoscenza dell’opera sul piano tecnico e conservativo.
Per una storia della sanità pistoiese
Nell’ex corsia maschile di San Jacopo e in alcune sale adiacenti, il percorso museale prosegue con un’ampia sezione sulla storia della sanità pistoiese indagata attraverso la narrazione di alcuni episodi salienti.
Otto teche in forma di letti, collocate lungo le pareti (dove si vedono gli antichi capoletti dipinti, recuperati con il recente restauro), espongono una selezione della ricca collezione dei ferri chirurgici dell’ospedale, suddivisi in branche mediche, databili tra il XVII secolo e i primi decenni del Novecento e conservati grazie all’opera meritoria di medici ospedalieri quali Mario Romagnoli, Giancarlo Niccolai e Luigi Brancolini.
Nella porzione terminale dell’antica corsia degli uomini, un video con immagini suggestive del passato e del presente, una macchina per l’elettroshock e alcuni disegni eseguiti da un degente ricostruiscono la storia della Casa di Salute Ville Sbertoli, fondata nel 1868 dal medico psichiatra Agostino Sbertoli sul poggio di Collegigliato, soprastante Pistoia, e successivamente in funzione come Ospedale psichiatrico fino al 2006.
Alle pareti alcuni busti e lapidi ricordano l’Accademia Medica Filippo Pacini, costituita al Ceppo nel 1928 con lo scopo di diffondere la ricerca e la cultura in ambito medico, della quale alcuni stalli del coro ligneo sono esposti nel corridoio adiacente. Qui la macchina del parto, un antico modello ostetrico in legno e pelle, utilizzato durante le lezioni per la simulazione dei parti – recentemente restituito a Pistoia dallo Science Museum di Londra, dove era rimasto per oltre un secolo da quando, nel 1913, fu concesso in prestito all’istituzione londinese – è testimonianza della Scuola medico-chirurgica del Ceppo, attiva dalla metà del XVII secolo e soppressa tra il 1842 e il 1844.
In due sale riccamente decorate da affreschi, altri approfondimenti sono riservati alle biografie dei medici più illustri che si sono formati alla scuola o hanno esercitato la professione all’interno dell’ospedale. Due di essi, Bastiano Marcacci e Filippo Pacini, vissuti in epoche diverse, sono anche i protagonisti di una spettacolare proiezione con un loro ‘dialogo impossibile’.
Il Teatro Anatomico
Il percorso del museo si conclude con la visita al piccolo Teatro Anatomico, di forma ovale ad anfiteatro, realizzato tra il 1785 e il 1787 per le lezioni di anatomia della Scuola medico-chirurgica, al quale si accede dal giardino. Rispetto ad altre strutture con funzione analoga ancora esistenti in Italia (a Padova, Pavia, Modena, Bologna e Ferrara, per esempio), presenta caratteristiche eccezionali per le sue piccole dimensioni e l’elegante ricchezza decorativa.
Nelle immediate vicinanze il Padiglione di Emodialisi (2005), non visitabile all’interno perché ancora in funzione, costituisce un esempio di altissimo livello di arte contemporanea, con opere site-specific realizzate da sette artisti di fama internazionale: Buren, Karavan, LeWitt, Morris, Nagasawa, Parmiggiani, Ruffi.